Premessa alla seconda edizione del volume

di P. Antonio Gallo OFC

A qualche anno di distanza, esaurito, come l’opera del P. Roschini, anche il mio modesto studio su Teresa, ecco una nuova edizione: segno che i lettori sono molto più numerosi del previsto e segno anche dell’esigenza di soprannaturale, di cui è giustamente avida la nostra società. Perché va detto che alla degradazione morale cui si è giunti in ogni campo col terrorismo, la droga, la violenza, il sesso, la corsa al facile guadagno e altre non belle cose, si oppone una diffusa ansia di purezza, di onestà, di spiritualità in molte coscienze. È anche questo un segno dei tempi. Non bisogna disperare dell’uomo e della sua storia quando alle raffiche sconvolgenti del male, in ogni espressione della vita, corrispondono salutari ventate di purificazione: anime sitibonde di superamento e di ascesi ce ne sono ancora, più di quanto si possa supporre.

Dal 19 agosto 1976, giorno della sua morte, Teresa dopo il Calvario ha iniziato la salita del Tabor, trasfigurata per trasfigurare, recando sollievo e coraggio a quanti la conobbero e a quanti la conosceranno. Di santa Bernardetta il vescovo Forcade disse che il suo era “il mestiere della preghiera”, mentre lei diceva di se stessa che “la sua preoccupazione era di fare l’ammalata”. Teresa poteva appropriarsi l’una e l’altra parola: il mestiere di pregare e l’occupazione di fare l’ammalata furono la sintesi della sua missione terrena. Ma da quel giorno ne è cominciata una nuova e diversa, esaltante come la prima. La stampa e l’opinione pubblica vanno prendendo crescente interesse al suo messaggio.

Un giornalista come Renzo Allegri (qualche altro all’estero) volle divulgarne l’essenziale nel mensile “Gente” all’inizio del 1980, e ciò può aver influito a farla conoscere anche in ambienti eterogenei. Ma Teresa cammina molto coi suoi piedi, come ebbi a rilevare nel foglietto “Messaggio di amore e di dolore” che si pubblica in suo nome; arriva assai più lontano di quanto possa immaginare ogni orchestrata propaganda, perché arriva nelle coscienze.

Nutro perciò tranquilla fiducia che anche questa riedizione del mio studio giunga a dire una buona parola a chi forse inconsciamente l’aspetta. Ho lasciato quasi intatta la stesura del libro, salvo qualche lieve ritocco e qualche piccola precisazione. Sostanzialmente è più una ristampa che una nuova edizione: lo scopo rimane quello che fu all’origine, cioè far conoscere l’intima spiritualità, il travaglio inferiore della sua anima, piuttosto che la cronaca della sua breve esistenza e i numerosi “fenomeni” che l’accompagnarono.

Ai consensi e agli elogi della stampa, cui sono grato, fecero riscontro alcuni rilievi che mi pare utile chiarire.
Alcuni lettori e varie lettrici del libro mi confidarono d’aver provato una profonda tristezza nel leggerlo. Vorrei scusarmene; ma ignoro se è stato per colpa mia, cioè di non aver saputo renderlo più leggero e brillante, o se è colpa del messaggio stesso nella sua tremenda serietà. Certo, la vicenda di Teresa, umanamente parlando, non è punto allegra. La sua storia si iscrive come una pagina sanguigna nel contesto di questi anni cruciali che stiamo vivendo. Tra i deliri delle contestazioni a ogni livello e le ecatombi d’innocenti perpetrate su un piano mondiale, nello sbandamento pauroso delle ideologie e nel crollo dei valori da ogni parte lamentato, mi pare che un richiamo alla penitenza e alla preghiera, così insistito come il suo, non è certo un invito all’allegria. Si da il caso che le sole armi a disposizione nella Chiesa - oltre ai sacramenti, per i quali occorre altro discorso - sono proprio la preghiera e la penitenza, per destare i propri figli traviati e difendersi dai nemici agguerriti.

D’altra parte l’allegria è baldoria, chiasso; il contrario della gioia. La gioia è tranquillità inferiore, intima gustazione della pace, serenità di coscienza. Ed essa è proprio il risultato della penitenza e della preghiera. “Territus terreo” diceva un santo, cioè “atterrito io stesso, cerco di atterrire gli altri “ e c’è chi aggiungeva che il vero dottore ecclesiastico è colui che muove alla compunzione, non alla risata. L’arco, brevissimo e luminoso, della vita di Teresa è tutto un grido di allarme per l’umanità impazzita: ciò che lei ha sofferto, ciò che lei ha scritto gronda sangue. Ma bisogna anche avere il coraggio d’arrivare alle conseguenze del suo altissimo richiamo: è lì la gioia.

La profonda pace, il tranquillo abbandono, la mirabile intimità da lei raggiunta con lo Sposo divino sono caratteristiche di un’anima che ha superato tutti gli strazi, le lotte, le tentazioni della vita presente. Potrei citare l’abusata parola di Leon Bloy: non c’è che una tristezza, quella di non esser santi. Ma la tristezza attuale del mondo non ha proprio questa avvelenata radice? Mancanza di santità, mancanza di amore. È al fondo dell’amore e della santità che s’incontra veramente la gioia. Perché la vera gioia è pace, e mi pare che il messaggio di Teresa, al di là di ogni angosciosa problematica esistenziale, è appunto un invito alla pacificazione dei cuori, a quella gioia che nessuna forza umana può turbare. Un messaggio che scompiglia le coscienze e le getta nell’insoddisfazione di se stesse, le conduce infallibilmente alla revisione di vita e infine alla gioia. Anzi, alla felicità. È questo che Gesù vuole attraverso la lunga storia della salvezza e attraverso la piccola storia di Teresa.

Napoli, 1 gennaio 1985

Padre Antonio Gallo


Teresa Musco


(Studio Biografico)

 

 

di
P. Antonio Gallo o.m.c.

Editrice ‘Terzo Millennio’
S. Maria C.V. (CE)

II ed. 1985
pgg 226 € 15,00



< Torna alle pubblicazioni